I granchi della Colò

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Una grande sconfitta per la conservazione della biodiversità

Il video diffuso in rete, e divenuto subito virale, in cui la nota presentatrice Licia Colò scopre dei granchi vivi confezionati al supermercato, li compra e li va a liberare in mare a Ostia è stato un durissimo colpo per chi lotta per la conservazione della natura e della biodiversità.

Assurdo? No. Mi voglio spiegare.

Che dei granchi vivi vengano confezionati nella vaschetta, anche se so benissimo che il crostaceo non cotto deve essere mantenuto in vita per non comprometterne gusto e salubrità, mi fa impressione. Onestamente, vivi nella vaschetta con la pellicola proprio non mi piace come scena e mi sarei indignato anche io, noto mangiatore di altri esseri viventi, dai vegetali agli animali senza grandi distinzioni a parte il gusto.

Tuttavia c’è un “piccolo” problema: che granchi erano? Le specie commerciabili sono diverse e non tutte sono originarie del nostro mare. Anzi, sempre più spesso sui banchi dei supermercati troviamo specie alloctone, o aliene che dir si voglia, ovvero specie di animali che non vivono nei nostri ecosistemi.

Da molti anni noi biologi stiamo cercando di sensibilizzare il pubblico sul tema scottante delle introduzioni “accidentali”, o meglio di quelle volontarie, fatte in buona fede, ma catastrofiche per la nostra fauna, flora ed ecosistemi.

Le simpatiche tartarughine della Florida hanno infestato, grazie alle liberazioni, i pochi ambienti acquatici idonei alla testuggine palustre nostrana. Sono animali molto competitivi e la loro presenza costituisce un enorme pericolo per la sopravvivenza della specie indigena, già messa a dura prova dal consumo di habitat dovuto alle bonifiche e alla gestione degli ambienti acquatici mirata solo all’utilità per l’uomo. La povera testuggine palustre nostrana in molte zone si è estinta proprio col colpo di grazia determinato dall’immissione delle incolpevoli ma micidiali tartarughine acquatiche “domestiche”.

Ovviamente la tartaruga non è l’unico esempio. Da poco qui in Friuli Venezia Giulia è stato concluso con successo un bellissimo progetto LIFE (RARITY), finanziato con fondi dell’Unione Europea, per salvaguardare i gamberi d’acqua dolce autoctoni dei nostri fiumi e torrenti. Uno dei problemi più grossi per la sopravvivenza di questi fantastici animali è l’introduzione del gambero rosso della Louisiana, che oltre a essere molto competitivo, è portatore di una malattia micidiale. Purtroppo il gambero rosso della Louisiana è stato portato in Europa da chi sperava di guadagnare fior di quattrini col suo allevamento e pesca, ma molti di questi gamberi (e di altre specie) sono usati in acquariofilia. Ebbene, quando il bellissimo gambero rosso diventa un bestione affamato, che scorrazza per l’acquario facendo più o meno ciò che facevano le orde di Unni e Mongoli nel medioevo, molti pensano di sbarazzarsene. Nel farlo non lessano il povero gambero, a cui sono in fondo affezionati, e lo liberano in qualche bel ruscello che a loro pare ambiente ideale per garantirgli una prospera vita a corso naturale.

Purtroppo in questo modo viene spesso diffusa la malattia che stermina i gamberi autoctoni, originari e legittimi abitatori di quel ruscello.

Il tema è complesso e comunque si gioca tutto sull’informazione e formazione. Sono convinto che la famosa presentatrice abbia agito d’istinto e con buon cuore, senza sapere quali siano i pericoli di una introduzione casuale. E anche se i granchi in questione fossero stati nient’altro che dei comuni granchi mediterranei, il messaggio che è arrivato a milioni di persone è: andate a liberare i crostacei che trovate vivi al supermercato!
Ora, gamberi rossi della Louisiana, granchi americani, granchi cinesi, gamberi turchi e compagnia allegra sono potenziali beneficiari di questo tipo di atti, ingenui ma terribilmente pericolosi per la conservazione della natura.

Non voglio demonizzare il comportamento di Licia Colò, come hanno fatto invece alcuni colleghi. Non è una biologa, non ha le conoscenze necessarie per capire la portata del suo atto e ha certamente agito in buona fede. Rimane purtroppo il problema che noi biologi continueremo a incontrare enormi difficoltà nel combattere la nostra (forse inutile) battaglia per difendere la biodiversità e l’idendità biologica degli ecosistemi naturali in questo paese, dopo avere subito questa sconfitta che pesa come un macigno sulla schiena, perché nessuno di noi verrà mai ascoltato da milioni di persone.

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