Ogni analisi permette di capire cosa è successo fino al momento in cui si esegue. Poi?
Se andassi in un campo qui vicino casa (cosa che farei se non ci fosse l’isolamento antivirus) potrei rilevare la presenza di un certo numero di specie di piante. Tornerei a casa e scriverei ad esempio “in questo campo c’è Cynodon dactylon con una copertura del 23%”.
Domattina potrebbe arrivare il proprietario del campo ad arare. Domani sera non ci sarebbe più una copertura del 23% di Cynodon dactylon (anche se sappiamo bene che la gramigna si farà viva di nuovo e prospererà).
Se oggi facessi un prelievo mediante tampone sulle mucose del soggetto A1 e analizzassi il campione, alla ricerca del RNA di SARS-CoV-2, potrei trovarlo o meno. Se lo trovassi, sarebbe molto probabile (moltissimo) che il soggetto A1 sia portatore del virus e che questo si stia riproducendo nelle sue cellule. Se non lo trovassi, potrei dire che al momento del prelievo era poco probabile che A1 stesse ospitando il virus. Posso parlare solo del momento in cui ho fatto il prelievo con tampone.
Nota la differenza fra le due affermazioni.
Che cosa posso dire di A1 dopo un’ora dal prelievo? E dopo un giorno? Dopo due, cinque, dieci? Posso dire che la sua probabilità di ospitare SARS-CoV-2 sarebbe ancora bassa (molto bassa) se A1 non incontrasse soggetti portatori o non classificati.
Non classificati?
Si. Finché non eseguiamo un’analisi del campione prelevato mediante tampone, non abbiamo assolutamente idea di quale sia lo stato di un altro soggetto, ad esempio la signora B17, che con un nome così può radere al suolo un paese.
La signora B17 è come il gatto di Schroedinger. Finché non faccio il prelievo e analizzo il campione, per quanto ne so, può portare il virus o meno.
Molti in Italia stanno invocando “tamponi per tutti”. Questo avrebbe un enorme interesse per il calcolo dell’incidenza del virus SARS-CoV-2 all’interno della popolazione nel momento t1. Diciamo il 25 marzo 2020 alle ore 18:00.
Ma tutta sta gente, a cui abbiamo fatto il prelievo, cosa farà dopo? Se faranno i bravi, staranno tappati in casa e non incontreranno nessuno che non appartenga alla loro normale cerchia familiare. In questo momento mia moglie e io siamo soggetti non classificati, ma possiamo dire che assai probabilmente il nostro stato è identico, perché viviamo nella stessa casa e non rimaniamo a metri di distanza l’una dall’altro. Siamo stati bravi, abbiamo adottato tutte le precauzioni possibili dettate da un biologo che ha letto un sacco di articoli sul virus, tuttavia siamo due (adorabili) gattini di Schroedinger, dal punto di vista sanitario.
Fare prelievi con tampone a 1000 individui ci permetterebbe di classificarli fra “infetto” e “non infetto” al tempo t1. Ma non ci permetterebbe di affermare che gli indenni siano ancora tali più tardi: non sapremmo quale sia il loro stato al tempo t2. Dipenderà da chi avranno incontrato e come.
Sapete cosa facciamo nella gestione della fauna ittica? Da molti anni seguiamo delle regole molto semplici per contrastare la diffusione delle malattie dei pesci. Ad esempio classifichiamo gli allevamenti di pesci e i fiumi. Dove non troviamo la malattia che ci preoccupa, dopo avere esaminato un certo numero di pesci per un po’ di volte, dichiariamo che quella zona o allevamento sono indenni dalla malattia. Quella malattia lì non c’è e noi sappiamo cosa fare per non portarla: bisogna compartimentare. In una zona o allevamento indenne non si portano pesci non classificati. Un pesce non classificato potrebbe essere sano, malato o portatore della malattia e, se così fosse, andrebbe a farsi benedire la sicurezza del nostro spazio. Si ammalerebbero tutti gli altri pesci e inizierebbero a morire, a migliaia. L’ho visto accadere nella mia carriera.
Questo è un principio basilare di biosicurezza!
La cosa più intelligente da fare è iniziare a costruire a poco a poco delle zone sicure, dove tenere gli individui sani e non portatori della malattia. In questo modo avremo una certezza. Nel caso della pandemia di CoViD-19 è evidentemente troppo tardi per creare zone indenni estese. Abbiamo tentato di fare il contrario, ovvero compartimentare in modo da circoscrivere i focolai. Ci abbiamo provato, ma fuori dalla prima Zona Rossa c’erano già, fra i milioni i persone non classificate, portatori del virus e (forse) anche malati.
Alt, caro criticone sapientone, a quel punto non era possibile fare altrimenti, non sapevamo niente. No, non c’è un gruppo di saggi spaziali che sapeva tutto. E no, ti ho appena spiegato perché non aveva senso fare 60,5 milioni di analisi, sempre ammesso che esistessero talmente tanti laboratori da potere analizzare 60,5 milioni di campioni, meglio se due volte, arrivando a 121 milioni di analisi in poche ore. Neanche nei film di fantascienza ci riescono.
Quindi, ripetiamo il mantra: RESTA A CASA, adotta la compartimentazione più possibile. Non sei un soggetto classificato, muoviti con cautela e adotta tutte le misure per ridurre il rischio di ricevere il virus. La nostra arma, al momento, è fatta di pazienza e precauzioni.
Tag: analisi, biosicurezza, compartimentazione, CoViD-19, SARS-CoV-2, tampone
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