Si fa presto a dire pesce

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Quello che vedete in foto è un pesce. Conosco alcune decine di naturalisti che si occupano professionalmente di pesci e alcune centinaia di persone che se ne interessano per hobby, qualcuno lo fa perché è un pescatore, qualcun altro perché ha una passione per la fauna in generale. Questo mondo per me si divide in due categorie: chi spara nomi e chi cerca di identificare correttamente un taxon.

Personalmente, dato che ho studiato Biologia, ho un approccio scientifico alla questione e non mi piace sparare nomi. Il mio docente di Zoologia II (sistematica), il prof. Valli, ci ripeteva sempre che l’importante è procedere per passi successivi, restringendo il campo, cercando sempre di essere sicuri di ogni passaggio. Guardare un animale e dare un nome così, senza un processo di riconoscimento logico, porta a errori madornali.

Quello che vedete è un animale, con i caratteri esterni tipici di un appartenente al Phylum dei Chordata. Se lo dissezionassimo scopriremmo che è dotato di un apparato osseo, che comprende una struttura lineare chiamata colonna vertebrale. Per questo motivo possiamo stabilire che si tratti di un appartenente al Subphylum dei Vertebrata. E’ già un passo avanti, perché animali lunghi e stretti che nuotano potrebbero essere anche altro. Possiamo vedere la presenza di una bocca. Purtroppo aprendola non osserveremo denti, ma è chiaro che l’animale è dotato di mandibole, quindi siamo di fronte a un appartenente al Infraphylum dei Gnatostomatha. La sto facendo lunga? Lo so, ma è così che si fa, se non si vogliono sparare nomi a casaccio. Dato che le ossa sono vere e proprie ossa e non cartilagini, possiamo fare un ulteriore passo: questo animale appartiene al gruppo parafiletico detto Osteichthyes (pesci ossei). Bene. Ora osserviamo quegli organi sporgenti che potremmo a ragione definire pinne. Le pinne che vediamo sono delle membrane sostenute da raggi conficcati nel corpo del pesce. Siamo dunque di fronte a un appartenente alla Classis Actinopterygii. Torniamo alle ossa, sono tutte vere e proprie ossa, non ci sono cartilagini che ne fanno la funzione, quindi il nostro pesce appartiene alla Subclassis Neopterygii, anzi, possiamo addirittura dire che si tratta di un animale dell’Infraclassis dei Teleostei. Qua inizia un po’ di confusione, perché alcuni tassonomi usano altre denominazioni. Senza esaminare la morfologia interna del pesce non potremmo andare oltre, ma vi posso dire che questo possiede i caratteri che permettono di attribuirlo al Superordine degli Ostariophysi e all’Ordine dei Cypriniformes. Questo Ordine comprende al momento 6 famiglie. E qui nasce un altro problema. Quando ero all’Università questo pesce veniva attribuito alla Famiglia dei Cyprinidae (carpe e affini), ma oggi diversi autori lo attribuiscono alla Famiglia Leuciscidae (cavedani e affini). A dire il vero quando ero all’Università questo pescetto veniva attribuito anche al genere Leuciscus vero e proprio, con il binomio scientifico di Leuciscus souffia Risso 1827, mentre oggi viene considerato Telestes souffia Risso 1827.

E qua entriamo nella giungla!

Quel Risso 1827 significa che il nome viene attribuito in base a una pubblicazione di tale Risso del 1827. In particolare i sacri testi dicono che il riferimento sia a la Histoire naturelle des principales productions de l’Europe méridionale, et particulièrement de celles des environs de Nice et des Alpes maritimes. L’autore è Antonio Giuseppe Risso, nizzardo, il cui nome venne francesizzato in Antoine Risso. Il ginepraio in cui ci si infila quando si affronta la tassonomia è qualcosa da cui mi tengo generalmente lontano. So che questo pesce forma delle popolazioni nei corsi d’acqua prealpini e di alta pianura nel bacino del fiume Isonzo e che le sue caratteristiche morfologiche lo attribuiscono al genere Telestes, so anche che i sistematici hanno stabilito che queste popolazioni debbano essere attribuite alla specie Telestes souffia, mentre nel vicino bacino del Tagliamento ci sono popolazioni di Telestes muticellus, una specie congenere distribuita nell’area del paleo bacino alpino del Po, oggi definito (a mio avviso impropriamente) padano – veneto. Cosa distingue queste due specie? U la là, il n’est pas facile, de distinguer les deux espèces!

In questo caso molti “esperti” autodichiarati sparano nomi a caso guardando le figure di qualche libro. Io ho attribuito l’individuo alla specie basandomi sulla sua provenienza, dato che l’ho catturato nel torrente Alberone, affluente del Natisone, parte del bacino dell’Isonzo. La letteratura a mia disposizione attribuisce le popolazioni di Telestes di questo bacino a T. souffia e faccio riferimento alla check list della fauna ittica d’acqua dolce redatta dall’Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci (AIIAD), che raccoglie la maggior parte degli ittiologi italiani dediti allo studio o alla gestione della fauna ittica di acque dolci. L’attribuzione operata dall’AIIAD non è stata casuale, ma si fonda su un’analisi dei campioni raccolti nel bacino dell’Isonzo. Per il riconoscimento si usano due gruppi principali di caratteri: quelli morfologici e quelli genetici. I caratteri genetici non sono alla mia portata, dato che richiedono tecniche di biologia molecolare che non sono disponibili per chi non lavori in un istituto di ricerca, ma i caratteri morfologici possono essere osservati da tutti, a patto di disporre di una buona lente e un po’ di pazienza. I caratteri più usati sono quelli detti meristici. Gli esperti auto nominati usano in genere caratteri legati alla colorazione dei pesci, ma questi sono fortemente variabili all’interno e fra diverse popolazioni della medesima specie, per cui portano spesso al fiorire di un numero imbarazzante di taxa che in realtà sono solamente popolazioni diverse dello stesso animale. Un po’ come se stabilissimo che un individuo coi capelli biondi e uno coi capelli castani non appartengano alla stessa specie.

I caratteri meristici sono costituiti da serie di strutture ben identificabili e ripetute. Ad esempio: numero di scaglie lungo la linea laterale. Se dite “squame” vi redarguisco. Le squame sono strutture derivate dal derma nei Rettili, le scaglie sono strutture ossee sovrapposte al derma dei Pesci. Lo so, le ricette dicono “squamare il pesce”. E’ una questione pratica, se vi dicessero di “scagliare il pesce” qualcuno potrebbe iniziare a scaraventare le orate contro il muro. Non si prepara così l’orata all’acquapazza.

Altri caratteri meristici utilizzabili sono il numero di raggi ossei e raggi molli delle pinne impari (dorsale, anale), il numero di raggi interi e di raggi divisi, il numero di vertebre (carattere che non mi sta simpatico, troppo difficile contarle) o il numero di branchiospine, o la formula dei denti faringei.

Nel caso di Telestes souffia troviamo nei manuali questi caratteri meristici:
Spine della pinna dorsale: 2 – 3
Raggi molli della pinna dorsale: 7 – 9
Spine della pinna anale: 3
Raggi molli della pinna anale: 9 – 10
Vertebre: 41 – 42
Scaglie lungo la linea laterale: 44 – 57

La grande sfortuna è che Telestes muticellus, la specie che mi aspetto di trovare nel Tagliamento, ha 43 – 49 scaglie lungo la linea laterale, quindi c’è una sovrapposizione fra 44 e 49. Quello che mi salva è che in genere i raggi divisi della pinna anale del T. muticellus dovrebbero essere 8 – 9 e quindi la sovrapposizione è limitata a 9. E’ già qualcosa. Dato che so che il T. souffia è stato introdotto accidentalmente nel bacino del Tagliamento ma non ho notizie di transfaunazione di T. muticellus in quello dell’Isonzo, posso stare quasi tranquillo. Il fatto è che il singolo individuo, se ha 9 raggi divisi dell’anale e 46 scaglie lungo la linea laterale, potrebbe appartenere all’una o all’altra specie. In questi casi bisogna esaminare molti individui di una popolazione e studiare la distribuzione dei valori assunti da questi caratteri, per capire se la popolazione sia più vicina al tipo di una o dell’altra specie. Cosa che decisamente fa parte delle “paranoie da biologi” e probabilmente non interessa a chi cerca un’app per riconoscere qualunque animale o pianta con un clic.

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