
C’è un motivo chiaro se dico che non dovremmo intervenire con ulteriori modifiche allo stato attuale del fiume Tagliamento. Questo fiume, già molto maltrattato dall’uomo, conserva ancora caratteri di grande valore, possibilità enormi di usi plurimi, come ho scritto nell’articolo Una difesa del Tagliamento.
Quando iniziai a occuparmi professionalmente di fiumi, era sotto gli occhi di tutti che un’ampia parte del reticolo idrografico nel bacino montano del Tagliamento era soggetto a prolungate asciutte inverali ed estive. Eppure lo scrivemmo per la prima volta fra il 2004 e il 2005, quando la Regione iniziò a lavorare all’applicazione della Direttiva Quadro sulle Acque, la famosa 2000/60/CE.
All’epoca ero il biologo a contratto presso il Laboratorio Regionale di Idrobiologia dell’Ente Tutela Pesca del Friuli Venezia Giulia. L’ETP collaborò con il Servizio gestione risorse idriche della Regione, con l’ARPA e l’Università degli Studi di Trieste e insieme progettammo una serie di studi, allo scopo di comprendere e documentare gli effetti delle derivazioni a uso idroelettrico che alimentano la centrale di Somplago.
Quegli studi costituirono la base per qualcosa di molto importante: le misure di tutela quantitativa del Piano Regionale di Tutela delle Acque.
Imparammo allora che i fondovalle carnici sono, a tutti gli effetti, degli enormi canaloni pieni di sedimenti più o meno grossolani. Sulla genesi di questi canyon pieni di ghiaia ci sono ottime ipotesi, ma dato che non sono geologo, mi limito a osservare l’effetto superficiale: l’acqua può scendere nel materasso alluvionale, dove continua a muoversi verso il mare, ma in una porzione di spazio dove è inaccessibile per noi esseri di superficie. Sappiamo che non è sempre stato esattamente come ora e che il Tagliamento, in assenza di sbarramenti e derivazioni, era un fiume perenne nel tratto montano. Le asciutte si verificavano probabilmente, per brevi periodi, nel tratto molto disperdente fra la stretta di Pinzano e la linea delle risorgive. Questo favorì l’attraversamento, ad esempio al guado della Richinvelda, tristemente famoso per l’assassinio del nostro Patriarca il Beato Betrant. A monte di Pinzano il Tagliamento era stato perenne fino a metà del XX secolo.
Oggi è spesso possibile attraversare il Tagliamento presso Enemonzo senza bagnarsi, al massimo ci si impolvera. A tutti gli effetti il fiume scorre con continuità fra la sorgente e la località Casali Avaris, nei pressi di Socchieve, poi scompare per la maggior parte dell’anno. Da quel punto l’alveo è una distesa di ghiaie asciutte per periodi lunghi, almeno fino a dove da sinistra il Tagliamento riceve le acque del Degano. Il contributo di questo torrente era trascurabile quando iniziammo a studiare il sistema, perché presso Ovaro si trova un altro importante sbarramento del sistema idroelettrico ex SADE, da cui l’acqua viene inviata all’invaso di Verzegnis, creato edificando una diga sul torrente Ambiesta. Ai piedi dello sbarramento di Ovaro il Degano diventava temporaneo e l’acqua scorreva perennemente solo in un tratto fra la stretta del ponte per Muina e Esemon di Sopra. La stretta “di Muina” sembra essere una soglia rocciosa incisa, che costringe le acque contenute nel materasso alluvionale a salire in superficie, per tornare poi a infiltrarsi nel tratto fra lì e la confluenza col Tagliamento. All’inizio dello studio ero solito recarmi alla cappella che si trova sul Clap Neri, uno sperone di roccia in destra idrografica su cui passa la strada che va da Muina a Raveo. Dalla cappella si gode una splendida vista sul sottostante alveo del Degano e quel punto di osservazione era ideale per scattare fotografie, sempre dallo stesso punto, e disporre di documentazione che descrivesse i cambiamenti in fatto di estensione, posizione e numero dei filoni attivi del torrente. All’epoca non avevo a disposizione le immagini satellitari a cui ho facilmente accesso oggi, che in ogni caso non permettono di visualizzare l’alveo nei giorni nuvolosi, che non sono del tutto rari in Carnia.
Con il rilascio di parte della portata naturale allo sbarramento di Ovaro, il Degano prese un po’ di forza e oggi, come si vede dall’immagine satellitare all’inizio dell’articolo, raggiunge quasi sempre il Tagliamento, rendendo attiva una parte del suo corso verso Invillino. Come potete vedere l’acqua si infiltra nel materasso alluvionale e scompare dalla superficie all’altezza del colle di Invillino. Al ponte dove si trova la chiesa della Madonna del Ponte, rimangono spesso pozze isolate, ma lo scorrimento è verificabile solo durante piene e morbide. Da lì, il Tagliamento è asciutto per la gran parte dell’anno fino a giungere alla confluenza col Bût, fra Caneva e Tolmezzo. Questo torrente è il primo affluente di un certo rilievo a contribuire tutto l’anno alla presenza di acqua nell’alveo del Tagliamento. Di fatto il fiume è una sorta di prolungamento del Bût fino alla confluenza col Fella, dove l’apporto di acque dal Canal del Ferro è pari alla portata naturale del fiume che drena la parte sud orientale delle Alpi Carniche e quella occidentale delle Alpi Giulie. La somma delle acque del Bût e del Fella danno un aspetto decisamente più fluviale al Tagliamento, fino a giungere in pianura.

Qui, presso Ospedaletto di Gemona, si trova un’importante derivazione, attraverso cui le acque del fiume vengono veicolate nel sistema di distribuzione irrigua che serve l’alta pianura friulana fra il Tagliamento e il Torre. Questo sistema di canali è relativamente recente, se consideriamo che il loro completamento è stato effettuato solo dopo la II Guerra Mondiale, sebbene la progettazione e realizzazione risalgano a diversi anni prima. Mio nonno, il geometra Antonino Moro, lavorò come topografo per la realizzazione di quel sistema irriguo sin dai tempi del diploma e ne vide la realizzazione dopo la guerra. Io ho sempre visto passare per Udine “il Ledre”, inteso come “il canale irriguo Ledra”, perché le acque sono derivate sia dal Tagliamento che dal fiume Ledra, corso d’acqua di risorgiva situato a Est del fiume alpino. Fra la presa di Ospedaletto e la confluenza del torrente Leale il Tagliamento perde una buona parte delle acque non derivate, quindi risulta essere spesso asciutto, sia durante la stagione irrigua che in occasione delle magre invernali.

Il Leale, pur essendo originariamente un piccolo torrente prealpino dalla portata modesta, oggi restituisce vita al Tagliamento, dato che lungo il suo tratto terminale, ormai artificializzato, scorre l’acqua che proviene dal Lago di Cavazzo o dei Tre Comuni, dove scarica la centrale idroelettrica di Somplago, ovvero quella che usa tutte le acque della Carnia (Tagliamento e affluenti escluso il Bût).
Da Peonis in poi l’acqua scorre con continuità, anche se in certe occasioni quella che osserviamo in superficie è un po’ meno di quella che esce dal Leale, perché le ghiaie del grande alveo del Tagliamento reclamano il loro tributo. Quest’acqua tuttavia non viaggia a lungo sotto terra, perché in gran parte alimenta le risorgive del bacino del Ledra, che confluisce nel Tagliamento presso Cimano. Da qui in poi il fiume torna a essere decisamente attivo e assume un aspetto spettacolare. Il tratto di Tagliamento che si estende da Cimano alla stretta di Pinzano è famosissimo e ritratto in migliaia di fotografie, pubblicate un po’ dovunque, perché qui si osservano tutte le più interessanti caratteristiche morfologiche di un fiume alpino.

Poco prima della stretta di Pinzano il Tagliamento riceve da destra l’acqua dell’Arzino, quindi supera il portale fantastico attraversato dal ponte che collega Ragogna a Pinzano e finalmente scorre nella pianura aperta, dove l’acqua non vede l’ora di infiltrarsi nelle ghiaie. Lo scorrimento è ancora perenne all’altezza di Villanova di San Daniele, dove si trova l’ultima derivazione attiva, quindi la portata si riduce progressivamente. Alla sezione che corrisponde al ponte fra Dignano e Spilimbergo i periodi di asciutta sono frequenti e prolungati, mentre a valle della confluenza del Cosa, scendendo verso Codroipo e Casarsa della Delizia, vedere scorrere l’acqua in superficie diviene possibile quasi solo in primavera e autunno.

A valle del Ponte della Delizia ci si avvicina alla linea delle risorgive, quella fascia di pianura che separa la Alta asciutta dalla Bassa ricca di acque sorgive. Qui il livello dell’acquifero contenuto nelle alluvioni della pianura raggiunge la superficie e l’acqua emerge, ricreando un Tagliamento perenne, che acquisisce portata sempre più elevata scendendo verso valle. All’altezza di Varmo e San Paolo il fiume è decisamente perenne e scorre quasi sempre formando più rami attivi, dalla corrente spesso impetuosa, perché la pianura friulana è relativamente “ripida”. A valle del ponte che collega Madrisio a Morsano c’è la confluenza del fiume Varmo, che raccoglie una parte rilevante delle acque di risorgiva, anche se quanto è stato perso nell’Alta pianura forma una miriade di altri corsi d’acqua, che scendono al mare o in laguna autonomamente, come il Lemene e lo Stella.
La pendenza della pianura diminuisce rapidamente e a valle del ponte su cui passa l’autostrada A4 il Tagliamento diventa pressoché monocursale, iniziando a descrivere grandi meandri che preludono all’arrivo al mare. L’aspetto di un “vero fiume di pianura”, con canale principale profondo e meandreggiante viene assunto dal Tagliamento a valle di Fraforeano, quindi il fiume lambisce Latisana e San Michele, per proseguire verso il Mare Adriatico, dove sfocia fra Lignano e Bibione.
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