Annaspare

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In questi giorni chi governa le regioni del versante meridionale delle Alpi sta affrontando un momento molto difficile, a causa della siccità, rinominata “crisi idrica”, perché se non dici crisi nessuno ti dà retta. Si stanno sentendo mille campane; a parte i soliti esperti da social media, sulla cui incompetenza possiamo sempre contare, ci sono coloro che esercitano il diritto di essere portatori di interesse. E la situazione non è allegra per nessuno di loro.

Corso d’acqua di risorgiva della Bassa pianura friulana con una portata molto ridotta rispetto alle estesi precedenti

In questo momento, non siamo preparati per affrontare una siccità così. Non lo siamo per le caratteristiche del nostro sistema produttivo agricolo e industriale, per quali fonti di acqua superficiali e sotterranee usiamo, per come preleviamo, trasportiamo, usiamo l’acqua, per come raccogliamo e trattiamo i reflui. In questo momento il nostro sistema è fatto in modo da funzionare con più acqua e delle inefficienze ci siamo interessati poco, spesso credendo fosse solo una questione “ambientale” negoziabile perché di poco conto.

Come biologo, specialista in ecologia degli ecosistemi acquatici e collaboratore di aziende, amministrazioni ed enti che si occupano della gestione dell’acqua e di ciò che ci ruota attorno, non sono d’accordo col declassare le questioni ambientali, considerandole secondarie o semplici “paturnie degli ambientalisti”. Abbiamo un sistema fatto in modo tale da non funzionare con poca acqua, per lo meno qui ai piedi delle Alpi, dove la risorsa ci sembrava infinita, o talmente abbondante da non costringerci a farne un uso attento.

Oggi è inutile e stupido accusarci a vicenda, prendercela con un “altro” come responsabile delle difficoltà che stiamo affrontando. La verità è che tutti noi abbiamo sbagliato, compresi quelli che hanno ammonito sull’incombere del pericolo: non siamo stati convincenti, abbiamo fallito, come Cassandra.

Quest’anno perderemo una parte dei raccolti, che potrebbe essere molto grande se cederemo alla tentazione di voler accontentare tutti, distribuendo una risorsa insufficiente.

Se ci sono 10 campi e ciascuno di essi ha bisogno di 100, ma noi disponiamo di 700, abbiamo due possibilità: dare 70 a tutti (e fare seccare tutti) o dare 100 a 7 campi e aiutare i contadini che coltivano i 3 che saranno perduti. La prima ipotesi è quella in cui tutti i contadini perdono il raccolto, ma penseranno di essere stati aiutati, specialmente se li sosterremo economicamente tutti 10, la seconda è l’ipotesi in cui 7 avranno il raccolto e 3 verranno aiutati economicamente. Nell’immediato l’ipotesi due è quella che ci costa meno. Ma ricordiamoci che sarebbe intelligente cambiare qualcosa per il futuro. Si parla spesso di rendere più efficiente l’irrigazione, per cui potrebbe bastare usare 90 per ogni campo. Si parla spesso di cambiare colture in modo che sia sufficiente fornire 70 di acqua per ogni campo. Nessuna di queste misure da sola è sufficiente. Il più grosso errore che abbiamo commesso in passato è stato affrontare la gestione delle risorse e del territorio a scomparti chiusi, credendo in soluzioni semplici per problemi complessi, cercando di soddisfare una per una le esigenze dei vari portatori di interesse. Non funziona, lo farà ancora meno in futuro!

Stiamo annaspando e speriamo solo che finisca presto. Speranza vana, torneranno annate così, non dobbiamo farci sorprendere!

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