Ricominciare

by

La siccità 2022 ha colpito duramente il bacino dell’Isonzo e non basterà il ritorno dell’acqua per avere fiumi e torrenti “come prima”

Il fiume Natisone a Premariacco, 31 luglio 2022

Un inverno 2021 / 2022 povero di neve, con temperatura miti, scarse precipitazioni in generale sia sulla montagna che in pianura, ha posto le basi per una siccità spinta. Avevamo già vissuto annate di siccità e calde, ma l’estate 2022 verrà ricordata come quella in cui, per la prima volta, alcuni fiumi perenni si sono asciugati. Fra questi il Natisone nel tratto di pianura, a valle di Cividale del Friuli. Un fiume che conosco molto bene e ho percorso domenica 31 luglio 2022 per vedere coi miei occhi fino a che punto fosse stato colpito l’ecosistema acquatico. La valutazione è semplice, per un lungo tratto le acque superficiali non erano presenti. Particolarmente impressionante è vedere la forra presso Premariacco, dove per anni ho guardato lo scorrere dell’acqua tumultuoso con fondali profondi e pericolosi. Sono entrato nella forra a piedi. La foto che vedete qui sopra è ripresa dall’alveo in un punto dove non mi sono mai avventurato, perché in genere c’è un forte rischio di essere trascinati via dall’acqua e annegare nella forra a valle, dove ci sono molte marmitte e sifoni. Non avevo mai visto il fondo del fiume in questo punto, sebbene lo frequenti da circa 40 anni.

I resti di molti pesci erano ormai ridotti al solo scheletro il 31 luglio 2022

Sono tornato nella forra presso Premariacco il 18 agosto e la situazione era invariata: i temporali non hanno certo fornito abbastanza acqua al bacino. Ormai non c’era nemmeno più il tanfo della putrefazione che si levava da accumuli di pesci morti a fine luglio.

Prima o poi l’estate finirà e probabilmente con essa la siccità. Dal punto di vista visivo dopo un po’ i fiumi saranno tornati come prima, ma non è possibile che tornino rapidamente allo stato antecedente alla siccità dal punto di vista ecologico. Tanto per cominciare, le migliaia di pesci morti durante questa estate nel solo Natisone, non risorgeranno per miracolo appena tornerà a scorrere l’acqua. Si ripartirà forse da alcuni fortunati giovanili che sono sopravvissuti nelle buche dove l’acqua è meno calda e putrida, ma le popolazioni strutturate di tutte le specie caratteristiche del tratto medio del fiume sono di fatto state cancellate e resistono solamente a monte di Cividale. Da lì si può ripartire, ma ricordando sempre che nell’acqua di un fiume non ci sono solo i pesci! Questi devono pur mangiare qualcosa e questo qualcosa in parte è morto. Torneranno dapprima le alghe. Immagino che la ricolonizzazione da parte delle diatomee sarà rapida, magari con specie diverse rispetto a quelle presenti l’anno scorso, ma comunque in grado di fare il proprio lavoro di vegetali: catturare l’energia solare e usarla trasformare acqua e anidride carbonica in zucchero (e costruire altre molecole). Sarà rapido anche il ritorno di macroalghe e briofite, che hanno la possibilità di lasciare dietro sé delle forme di resistenza adatte a superare i periodo di secca. A questo punto ci saranno le condizioni per la ripresa degli animali, a partire dagli invertebrati. Probabilmente molti di quelli che vivono negli interstizi fra i ciottoli si sono salvati scendendo sotto terra insieme all’acqua, ma quelli che occupano la superficie e i primi centimetri di sedimento sono stati sterminati. I così detti macroinvertebrati in parte sono stadi larvali di insetti anfibi. Questi potrebbero ricolonizzare il fiume abbastanza rapidamente scendendo dai piccoli ruscelli delle Prealpi, che per ragioni geologiche hanno conservato una portata modesta ma sufficiente per consentire la sopravvivenza di questi animali.

Ovviamente la ricolonizzazione richiederà tempo, perché al momento gli organismi che hanno resistito nelle zone meno colpite sono in numero insufficiente per tornare a occupare tutto lo spazio libero che si è creato con la morte dei loro sfortunati conspecifici. Le forme acquatiche si sposteranno per deriva, approfittando dei periodi con portata elevata, che speriamo tornino a verificarsi. Questo vale soprattutto per gli invertebrati, ma funziona in parte anche per i pesci, sebbene la tendenza a spostarsi verso valle non sia molto spiccata in alcune specie. Ad esempio sappiamo che sarà molto difficile che Cottus gobio si espanda rapidamente verso valle dal tratto superiore del Natisone o dell’Isonzo. Questa specie è poco mobile e bentonica, non è facile che un individuo decida di scendere lungo la corrente, o venga trascinato via accidentalmente. Più probabile è che si spostino verso valle animali mobili come Barbus plebejus, Telestes souffia, Squalius squalus e Salmo marmoratus. Quest’ultima in particolare tende a cercare acque profonde quando si avvicina all’età adulta e, se i giovani sono sopravvissuti al caldo di questa estate nel tratto di fiume fra Arpit e Cividale, potrebbero scendere a colonizzare la zona a valle della città ducale.

Sono certo che avremo la tentazione di accelerare il processo attuando traslocazioni e immissioni di pesci. Questo è in parte comprensibile e corretto, ma va fatto con molta cautela e ragionando in base a ciò che questa estate ci ha insegnato. Avrebbe senso correre a ripopolare zone che si sono rivelate molto vulnerabili? Iniziamo a chiederci se ci sia un futuro per certe specie nel tratto planiziale. E se tornasse un’estate così fra cinque anni? Morirebbe tutto di nuovo e noi non avremmo ottenuto nulla con il nostro sforzo.

Lo so, per cinque anni avremmo avuto i pesci, li avremmo magari visti, forse pescati, ma poi? Se il cambiamento climatico in corso farà aumentare la frequenza di queste estati siccitose, non rischiamo forse di ostinarci a ripristinare un passato che non esiste più? Io ricordo bene e con nostalgia i bagni nel Natisone con l’acqua fredda e veloce, che ti metteva in difficoltà e ha chiesto un tributo di vite umane non indifferente quando noi ragazzini ci buttavamo senza tanti scrupoli.

C’è molto da fare, ma in questo momento la cosa più intelligente è osservare e non tentare di forzare processi naturali molto complessi, che conosciamo e possiamo controllare solo in parte. Usiamo la scienza, anche per soddisfare il cuore, senza lasciarci fregare dall’emotività. Amare richiede pazienza, anche se si parla della nostra terra.

Pubblicità

Tag: , , , , , , , , , , , , , ,

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: