Concerti e sanzioni

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Cerchiamo di capire qualcosa sull’ipotesi una contravvenzione di cui all’art. 733 bis del Codice Penale

Gira vorticosamente in rete la notizia di un esposto alla Procura della Repubblica di Lucca, per cui sarebbe stato ipotizzato un “reato” di cui all’art. 733 bis del Codice Penale in relazione allo svolgimento della manifestazione “Jova Beach Party” sulla spiaggia detta del Muraglione a Viareggio (LU).

La mia opinione è che i concerti, qualunque tipo di concerti, debbano essere fatti in strutture costruite dall’uomo e non occupando, nemmeno provvisoriamente, spazi non edificati. Potrei accettare ovviamente un’eccezione nel caso in cui venga utilizzato con strutture provvisorie uno spazio già trasformato, come un campo incolto oppure le porzioni di spiaggia che sono già state trasformate per piazzarci ombrelloni, sdraio e chioschi nell’ambito di concessioni balneare legittimamente assentite. Ma è una questione morale, che nulla ha a che vedere con la notizia di cui stiamo parlando. Prima di emettere sentenze, tutti noi dovremmo informarci, pensare, capire. Nonostante la mia posizione molto chiara, non intendo giudicare questo caso e sostituirmi a chi lo fa in modo competente. Il mio ruolo al massimo è quello di dare supporto scientifico, nel qual caso sono piuttosto qualificato ed esperto.

Da quello che riporta la stampa non possiamo sapere se l’organizzazione del concerto sia legittima o meno. Non abbiamo gli elementi necessari, ma certamente li avrà la Procura. Quindi lasciamo fare a loro il mestiere che gli compete. Noi siamo semplicemente curiosi e vorremmo sapere: cosa dice l’art. 733 bis.

Tanto per cominciare, questo articolo fa parte del Libro Terzo del Codice Penale, quello intitolato “Delle contravvenzioni in particolare”. Cos’è una contravvenzione? Ce lo dice l’art. 39 dello stesso CP: I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice. Per capirci, l’omicidio è un delitto (art. 575). Esistono anche delitti contro l’ambiente, ne parla nel Libro II del CP il Titolo VI bis. Ma l’art. 733 di cui stiamo parlando non si trova in quel Libro, è relativo a una contravvenzione, ovvero un reato meno grave rispetto a un delitto.

Art. 733 bis – Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto
Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all’interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l’arresto fino a diciotto mesi e con l’ammenda non inferiore a 3.000 euro.

Questo articolo non parla di tutti gli habitat, in tutti i luoghi, in tutti i casi. Dunque, perché si possa invocare il reato di cui a questo articolo, è necessario che qualcuno , senza essere autorizzato, distrugga un habitat o lo deteriori all’interno di un sito protetto. Se l’habitat non viene distrutto o degradato, non c’è reato. Se l’habitat viene distrutto o degradato fuori da un sito protetto, non c’è reato. Se l’habitat viene distrutto o degradato entro il sito protetto in seguito a un’autorizzazione assentita con procedura regolare, non c’è reato.

Come si fa a sapere se un habitat è stato distrutto o deteriorato?

Ma è evidente, se si rade a zero una foresta, se si spianano delle dune, se … è evidente, va bene, ma per agire nell’ambito del Codice Penale o di qualunque altra norma, bisogna individuare il confine fra lecito e illecito. È un po’ come quando c’è il limite a 50 km/h e un’auto viaggia a 50,5 km/h: eccede la velocità consentita, ma l’automobilista non viene sanzionato. Il limite in quel caso è chiaro, ma c’è una tolleranza dovuta al fatto che i sistemi di misurazione della velocità sul veicolo e da parte delle forze dell’ordine sono affetti da errore. Nel caso di un habitat è ancora peggio, perché bisogna capire cosa misurare, come misurare e quale sia la tolleranza. Questo è il motivo per cui noi biologi ambientali studiamo molto, ci aggiorniamo di continuo e cerchiamo di accumulare molta esperienza. Non è per nulla ovvio il confine fra habitat degradato e non degradato, a meno che non venga spianato tutto e asfaltato, ovviamente.

Il Codice Penale lascia campo aperto su questo tema. La prima cosa che viene in mente è andare a cercare nel D.Lgs. 152/2006, il così detto Testo Unico Ambientale. Nel quale leggiamo che: è danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima (art. 300 c.1).

Il successivo comma 2 ci informa di quanto segue

2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:

a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione;
b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE ad eccezione degli effetti negativi cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva;
c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.

Molto importante, qui stiamo parlando di danno ambientale, che è una categoria un po’ più ampia rispetto a quella di cui parla l’art. 733 bis del CP. Comunque sia, è evidente che si può parlare di danno se c’è un confronto fra prima e dopo un’azione che ha modificato l’habitat. Se il confronto non c’è, il danno non è contestabile. Nella mia carriera mi è capitato spesso di arrivare in siti dove un inquinamento puntiforme e di breve durata aveva ucciso una gran quantità di pesci. Sono stato chiamato quando ormai la corrente aveva trascinato via gran parte dei pesci morti, non avevo dati relativi alla composizione della comunità originale, non avevo dati relativi alla numerosità delle popolazioni, non è stato possibile parlare di danno ambientale! Sicuramente qualcuno aveva scaricato sostanze tossiche nell’acqua, il che di per sé è un reato, ma in quel momento nell’acqua non si rilevava nulla e gli indizi erano sufficienti solo per dire che “qualcosa” era accaduto a volte il giorno prima.

Nel caso di un concerto che si deve ancora tenere le ipotesi sono diverse e vagliarle è il lavoro della Procura.

Secondo me scassare habitat, naturale o che ospiti specie di interesse naturalistico, per fare un concerto rimane moralmente sbagliato dovunque si faccia. Ma la mia morale, la mia opinione, non hanno il valore di una legge.

Se vorrete, in futuro potremo parlare in modo più esteso della questione “dove fare i concerti” e dove è accettabile tecnicamente e legalmente farli anche se a me non fa piacere.

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