Turismo alpino senza sci

by

Iniziamo a pensarci sul serio

Sono certo che qualcuno stia gongolando mentre guarda l’immagine che posto, prelevata dal portale dell’Osservatorio Meteorologico Regionale dell’ARPA FVG. È la parte terminale (di valle) delle piste presso Forni di Sopra (UD), una delle località turistiche regionali attrezzate per lo sci alpino. Oggi è il 12 gennaio e quello che vedete non ha paragone con quanto eravamo abituati a osservare negli anni della mia infanzia e adolescenza. Per capirci, parlo di ricordi 1976 – 1990.

Io non gongolo affatto. Questa immagine mi rattrista molto.

È pur vero che questa immagine rappresenta una conferma di tesi che sostengo anche io da anni, ovvero che le condizioni per praticare lo sci alpino al di sotto dei 1500 m di quota diventeranno sempre più rare in futuro. Questa tesi l’ho sentita formulare a meteorologi, climatologi e nivologi circa 20 anni fa, a conclusione di un’analisi di dati e tenendo conto dei risultati più ottimisti dei modelli climatici disponibili. Non erano previsioni di estemporanei “esperti” da bar o di bastiancontrari di professione, ma di studiosi e tecnici preparati. Mi convinsero e iniziai da allora a pensare, per quanto attiene alla mia professione di consulente ambientale, come elaborare una strategia di gestione degli ambienti di acque interne continentali in Friuli Venezia Giulia.

Altrettanto avrebbero dovuto fare altri soggetti, pensando sia ai corpi idrici che all’agricoltura, alla produzione di energia, al turismo. Sono certo, per esperienza diretta, che molti hanno ragionato a lungo su queste previsioni. Ma coloro che lo hanno fatto e ne hanno parlato sono per lo più ai “livelli bassi” nella gerarchia tecnica, amministrativa e politica. Ai “piani alti” si è continuato a operare come niente stesse accadendo, come se le siccità estive fossero un fenomeno raro, gli inverni senza neve a bassa quota un’eccezione e via dicendo.

Così facendo non abbiamo elaborato una strategia di adattamento, ma bensì investito, o meglio speso in modo poco oculato, centinaia di milioni di denaro pubblico e capitali privati per continuare in una direzione che va verso il fallimento.

Nei miei rapporti professionali con i produttori di energia da fonti rinnovabili, mi è capitato spesso di parlare contro i miei interessi, cercando di convincere gli investitori a non avviare la progettazione e l’iter autorizzativo per nuovi impianti idroelettrici ad acqua fluente. Contribuire alla progettazione e agli adempimenti ambientali è il mio mestiere, è ciò che mi fa portare a casa il pane, ma ero e sono convinto che molte iniziative non avrebbero dovuto nemmeno iniziare. Lo stesso vale per gli investimenti fatti sul turismo dello sci, in tutte le Alpi meridionali, dal FVG alla Valle d’Aosta e al Piemonte. Stiamo spendendo soldi per realizzare opere che avrebbero reso trenta o quaranta anni fa, ma che nel prossimo futuro non produrranno i profitti sperati.

Ma c’è l’innevamento artificiale! Vero, gran bella trovata, molto utile per preparare il fondo delle piste quando inizia la stagione, in modo che la prima nevicata “attacchi” bene. Lentamente si è iniziato a usare l’innevamento artificiale per rimediare a carenze di ricarica durante l’inverno, fino a giungere al fenomeno delle “strisce di carta igienica“, come noi sciatori chiamiamo le piste innevate artificialmente immerse in un paesaggio giallo marroncino della montagna che non ha visto cadere un solo fiocco, o ha preso pioggia calda dopo le nevicate precoci. Avete dato un’occhiata alle temperature in quota? E sapete quanto costa pompare l’acqua dal fondovalle fino alla parte alta delle piste da sci? Vi siete chiesti poi quanta acqua sia disponibile, per l’innevamento artificiale e per altri usi, quando le precipitazioni si stanno distribuendo in modo diverso rispetto al passato?

Ho sciato in molte zone delle Alpi e mi piace molto lo sci alpino su pista. Mi diverte e non faccio parte del novero di coloro che sono contrari per principio a questo uso della montagna. Sono però favorevole solo a un turismo dello sci che non richieda strutture assurde, enormi, costosissime, che deturpano l’ambiente alpino e assorbano gigawattora di energia per stare in piedi. Se non c’è neve, non si scia.

E i posti di lavoro? Quelli nelle aziende che gestiscono gli impianti e quelli dell’indotto, intendo. Ne ho già parlato in parte nell’articolo Mettere la minestra a tavola in montagna. La quantità di capitali che abbiamo usato negli ultimi due decenni, sprecandoli per attività e opere che non produrranno utili, ci avrebbero consentito di reinventare un turismo alpino. Ormai quello che è stato fatto in passato non è rimediabile, ma dobbiamo impegnarci oggi a cambiare politica per la montagna. Altrimenti, noi di città non potremo andare a sciare, cosa che probabilmente non faremmo comunque, ma gli abitanti della montagna dovranno emigrare. Io ci penserei su.

Pubblicità

Tag: , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: