Campionamento ittico

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Come ottenere dati sui pesci che vivono in un fiume

Un po’ di tempo fa scrissi un articolo introduttivo sull’elettropesca, promettendo di approfondire l’argomento. Sono passati alcuni anni, ma meglio tardi che mai; inoltre più lavoro di fiumi, più imparo, quindi oggi posso raccontarvi qualcosa di più rispetto al 2017.

Abbiamo già capito quali siano i principi fisici che stanno alla base della capacità di catturare i pesci usando un generatore in corrente continua. Ora vediamo cosa si fa in pratica. L’argomento è difficile e non sono certo di potere riassumere 25 anni di esperienza, ma ci provo.

Innanzitutto dobbiamo avere chiaro il concetto di campionamento. Nella scienza un campione è un sottoinsieme, una piccola parte rappresentativa di qualcosa di molto più grande che desideriamo studiare. Siamo consapevoli del fatto che non possiamo catturare tutti i pesci presenti in un tratto di corso d’acqua, quindi dobbiamo accontentarci di esaminare un campione. Il campionamento è ciò che ci permette di acquisire il campione da osservare, su cui eseguire delle misure. Considerate che quindi, campionando i pesci, stiamo acquisendo un campione limitato, in una parte limitata del corso d’acqua. Scegliere bene la porzione di quest’ultimo dove campionare è molto importante,  ma ne parlerò in un altro articolo (non fa 5 anni,  prometto!).

Cosa vogliamo sapere? Rispondere a questa domanda è essenziale per decidere come campionare e cosa misurare.

Iniziamo con qualcosa di facile: ipotizziamo di volere sapere quali specie siano presenti in un certo tratto.  Il campionamento sarà qualitativo. Non vogliamo sapere quanti pesci ci sono, ci basta catturare più specie possibile, aspirando a prenderle tutte! Nelle acque interne continentali italiane è un’aspirazione legittima,  dato che le specie non sono mai numerosissime, a differenza di quanto accade in alcune zone tropicali.

La prima cosa da fare è capire se il tratto scelto sia guadabile o meno. È guadabile se per gli operatori è possibile attraversare camminando sul fondo mentre manovrano l’anodo e il guadino per la cattura, portando il generatore e i secchi in cui mettere i pesci. Supponiamo di volere raccogliere i pesci ed esaminarli con calma a riva. Può darsi che gli addetti alla cattura non siano ittiologi e quindi dovranno portare i pesci agli specialisti, che si trovano in una postazione di lavoro temporanea allestita sulle sponde.

Se il corso d’acqua non è guadabile, potrebbe essere navigabile. In genere quando la profondità massima delle sezioni lungo il tratto supera i 70 cm si preferisce operare da natante. Nota bene, se il fondo è fangoso, molto molle, il corso d’acqua potrebbe non essere guadabile anche con profondità massima di 50 cm. Ricordiamoci che dobbiamo manovrare l’attrezzatura in modo da catturare i pesci che, per quanto attratti e “storditi”, non hanno alcuna voglia di collaborare.

Per un buon campionamento qualitativo è necessario cercare in tutti gli habitat presenti e adottare alcuni accorgimenti in base alle specie che ci aspettiamo di trovare. Le specie molto mobili possono allontanarsi rapidamente. Ad esempio, se vogliamo catturare Thymallus aeliani (temolo), è meglio prevedere la presenza di un ostacolo insuperabile dai pesci, che sia una rete posizionata da noi o un’opera idraulica trasversale.

Cerchiamo di ricordare come funziona l’elettropesca. Generiamo un campo elettrico, in acqua, quindi una corrente elettrica attraversa il corpo dei pesci. Più questi sono lontani dagli elettrodi, minore sarà la corrente che li attraversa. Quindi c’è un’area entro cui avviene la galvanotassi, ma oltre il limite esterno di quest’area i pesci percepiscono la corrente, sentono “la scossa” senza essere costretti a nuotare verso l’anodo. Quella zona è quella da cui i pesci si allontaneranno, la zona di fuga. Quindi, se noi avanziamo con l’anodo in acqua e il circuito chiuso, i pesci mobili che si trovano a una certa distanza da noi si allontaneranno. Anche ammesso che si fermino dopo qualche metro, noi avanzeremo e loro percepiranno la scossa, allontanandosi ancora. Guardando una squadra in azione che usava questa tecnica (non sono sempre io a pescare) ho visto dei cavedani risalire la corrente per oltre cento metri, senza mai finire nella zona dove la galvanotassi avrebbe consentito di catturarli. È evidente che la tecnica “anodo in acqua e circuito sempre chiuso” non funziona per catturare le specie mobili. Eppure molti commettono l’errore di adottare proprio questa tecnica, usando l’anodo come si usa il decespugliatore per tagliare l’erba troppo alta nel prato. Il punto è che l’erba non può scappare, i pesci si.

Alcune specie mobili tendono a percorrere un breve tratto e cercare rifugio. In presenza di vegetazione acquatica sommersa, radici sporgenti, rive scavate o massi, diversi pesci si comporteranno così. I sostenitori della tecnica “anodo in acqua e circuito sempre chiuso” affermano che prima o poi si arriva vicino al rifugio e li si stana. Non è così. C’è un’altra cosa di cui dobbiamo tenere conto: il pesce non va in retromarcia. Con l’unica eccezione dell’anguilla. Ma in ogni caso, la galvanotassi non funziona in retromarcia! Quindi, i pesci che sono fuggiti percependo la scossa, o le vibrazioni che produciamo avanzando in acqua, si saranno infilati da qualche parte per nascondersi. Ma non è per niente ovvio che, una volta entrati nel rifugio, si girino per guardare fuori. Non lo è, perché i pesci percepiscono benissimo le vibrazioni prodotte dal loro potenziale predatore mentre si muove in acqua. Quindi staranno lì buoni e ovviamente zitti, aspettando che passi. A questo punto, quando noi ci avvicineremo, i pesci intanati si troveranno nella fascia della galvanotassi, ma non potranno uscire dal loro rifugio, a meno che non siano già girati verso l’esterno, cosa che accade per una frazione minoritaria di essi. Se partono le contrazioni muscolari, i pesci non potranno fare altro che infilarsi ancora più a fondo nel rifugio. Noi ci avvicineremo ancora e loro si troveranno nella zona di contrazione muscolare tetanica, infine in quella di narcosi. Non li tireremo mai fuori.

Questo è il motivo per cui con anodo sempre in acqua e circuito sempre chiuso, si catturano tanti pesci poco mobili, in genere bentonici, si catturano pesci che non si intanano e sono bloccati da un ostacolo, ma si catturano assai pochi pesci molto mobili e quelli che tendono a cercare rifugio.

Come ovviare a questo inconveniente? Per nostra fortuna l’anodo che usiamo deve essere dotato di tasto “uomo presente”. È quel tasto che chiude il circuito solo se lo teniamo attivamente premuto e ritorna indietro, aprendo il circuito, se noi lasciamo la presa. La sua funzione primaria è impedire la folgorazione dell’operatore. Se cadi e finisci per immergere le parti del tuo corpo che non sono protette da indumenti isoelettrici, istintivamente lasci andare la presa per tentare di aggrapparti a qualcosa, nuotare o rimetterti in piedi. Così facendo apri il circuito, la corrente non può più circolare e sia tu che i pesci non prendete la scossa.

Ora immaginiamo di avvicinarci a un rifugio senza premere il tasto uomo presente. Meglio se con l’adono fuori acqua. Se non ci muoviamo come elefanti imbizzarriti è probabile che i pesci, spaventati dalla piccola scossa presa poco distante, inizino a considerare l’ipotesi di dare un’occhiata fuori dal rifugio e siano quindi girati dalla parte giusta, con la testa verso l’esterno. Immergiamo e avviciniamo l’anodo al potenziale rifugio (non sappiamo se ci siano pesci dentro) e premiamo il tasto uomo presente, ritraendo immediatamente l’anodo verso di noi. Attenzione, se si va troppo vicino e si tiene chiuso a lungo il circuito, i pesci vanno in contrazione tetanica o narcosi e non escono più. Se siamo rapidi e non abbiamo esagerato con il voltaggio impostato, il corpo dei pesci sarà attraversato dalla corrente giusta per costringerli a nuotare verso l’anodo, galvanotassi perfetta, e a questo punto il nostro assistente troverà facile catturarli col guadino supplementare.

Questo metodo lo definisco “a sbalzi” e ho verificato quanto sia efficace, molto più efficace dell’avanzare stile decespugliatore. Si catturano molti più pesci e di specie diverse.

Ovviamente ci sono alcuni trucchetti che bisogna adottare, ogni specie e tipo di ambiente acquatico richiede variazioni alla tecnica, ma per una buona cattura il metodo “a sbalzi” è molto migliore rispetto a quello “in continuo”. Per lo meno, nei censimenti ittici che ho fatto dal 1997 a oggi è sempre andata così.

Nella prossima puntata vedremo qualche altri consigli sul campionamento ittico.

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