Dove riposano i “giganti”

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Alcuni monumenti funerari preistorici nel territorio di Urzulei (Sardegna)

Un paio di domeniche fa mi è capitato di tornare a passare accanto ai resti di una tomba dei giganti, quella presso Su Campu ‘e sa Carcara, in Supramonte nel territorio di Orthullè (Urzulei per noi continentali). Il nome della località significa “Campo della Fornace da calce”. Questa tomba dei giganti era riconoscibile ma non “messa bene” la prima volta in cui la vidi. Ora è stata in parte liberata da vegetazione e terra, restaurata e resa più visibile. La potete trovare qui (mappa).

L’ingresso alla tomba

Le tombe dei giganti, che ho trovato indicate come “tumbas de sos mannos” (tombe degli uomini grandi) in alcuni casi, mentre in altri sono “domu ‘e s’orcu” (la casa dell’orco), sono monumenti funerari realizzati in pietra su uno schema di base piuttosto semplice, ma decisamente affascinante. Sono dei corridoi stretti e lunghi, che sboccano attraverso un’apertura su uno spiazzo delimitato in parte da una sorta di muro a mezzaluna. Viste dall’alto però riservano una sorpresa: sembrano una testa di un toro, stilizzata. Chi ha realizzato queste opere non conosceva la scrittura, oppure non ha lasciato nulla di scritto, per cui non sappiamo esattamente cosa volessero rappresentare con quella struttura, ma il collegamento con la simbologia taurina nelle culture neolitiche del Vicino Oriente è piuttosto ragionevole.

Il corridoio interno, ora scoperchiato

Nell’archeologia preistorica è piuttosto comune cercare di intuire cosa pensassero persone vissute migliaia di anni fa, che non hanno lasciato nulla di scritto. A volte l’operazione è troppo influenzata dalla nostra cultura attuale o dalla smania di trovare degli schemi che siano connessi a culture storiche (che hanno lasciato testi scritti), ma non abbiamo molte alternative se non osservare le testimonianze di culture antiche e provare a interpretarle. Un buon archeologo, dato che l’archeologia moderna è una scienza sperimentale, non sentenzia più come facevano nell’800, ma propone interpretazioni ben sapendo che nuove osservazioni potrebbero smentirle.

Una vista generale della “facciata” della tomba di Su Campu ‘e sa Carcara

Quello che sappiamo delle tombe dei giganti è che sono state realizzate dagli abitanti della Sardegna in tempi più recenti rispetto a sas domos de janas, che sono neolitiche. Le tumbas de sos mannos probabilmente risalgono al II millennio a.C., almeno queste sono le datazioni che ho trovato, e il loro uso si è protratto nel tempo. Ci sono prove piuttosto evidenti di un uso come luogo di sepoltura collettivo da parte dei sardi di cultura nuragica, quando le ossa di più individui venivano conservate in queste strutture, creando così un luogo dove era possibile un culto collettivo dei morti.

I resti della tomba dei giganti in località S’Arena, suggestivo l’allineamento con il Monte Novo San Giovanni

Qualche tempo fa (nel 2019) avevamo visitato la località S’Arena, sempre in zona di Urzulei ma più spostati verso Ovest (mappa qui), dove si osservano facilmente i resti di due tombe, con orientamento concorde. Il corridoio sembra puntare verso il Monte Novo San Giovanni, una rilevante elevazione calcarea in territorio di Orgosolo, ma nel mezzo ci sono anche i resti di un nuraghe eretto sulla collina più vicina ai due monumenti funerari.

Devo dire che le testimonianze dell’uso di questo territorio sono molto più numerose di quanto ci si possa aspettare osservando ciò che c’è oggi. Si vedono diversi nuraghi e tombe dei giganti, indicatori della presenza di comunità che vivevano stabilmente in Supramonte, mentre oggi la zona viene utilizzata dagli abitanti dei paesi che si trovano ai margini delle aree carsiche, dunque aride. Fino a poco tempo fa chi lavorava in Supramonte costruiva dei ripari adatti a lunghe permanenze, come i pinnetti, mentre l’avvento delle automobili ha permesso di rientrare ogni sera in paese, lasciando disabitate anche le zone più intensamente utilizzate. Certo che i casi sono due: o tremila anni fa l’estate era più piovosa, oppure l’uso del Supramonte era stagionale, perché immaginare la presenza di una famiglia, o un clan, con bestiame e tutto in questa zona in agosto col clima di oggi, senza evidenza di cisterne molto voluminose per la conservazione dell’acqua, mi riesce difficile. Da qui nasce la disposizione attuale dei paesi, che si trovano al margine della zona carsica, dove l’acqua è accessibile.

Da questo deriva il mio consiglio da friulano che affronta il clima sardo: andate a visitare questi luoghi in autunno e primavera, troverete temperature gradevoli anche per chi è abituato al clima alpino o nordico, ma le belle giornate sono molto frequenti. Nelle foto potete vedere che le mie due visite si sono svolte sempre con un meteo decisamente poco “mediterraneo”. Ma mediterraneo è anche pioggia, altrimenti questo sarebbe un deserto.

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