Archive for the ‘Ecology’ Category

A cosa serve?

Maggio 9, 2023


Molto spesso chi non si occupa di scienze naturali chiede: “questo animale a cosa serve?“. Molti naturalisti si incavolano e non rispondono. Io in genere dico la verità: non sempre lo sappiamo, ma se esiste ha certamente un funzione.

Osserviamo dei sistemi estremamente complessi, come fossero enormi meccanismi pieni di ingranaggi, pulegge e cinghie, costruiti secondo il criterio della massima economia. C’è solo l’essenziale per il funzionamento della macchina, il superfluo non può esistere. Ogni µg di carbonio deve essere usato, ogni mJ di energia deve essere usato.

Per gran parte degli umani questo è assurdo, perché l’utilità è soggettiva: deve essere utile agli umani stessi, non avere una funzione qualunque. Ad esempio le zanzare non servono a nulla, anzi danno fastidio. E le zecche? E le vipere? Egli orsi? E la gramigna?
Ah no, aspetta, con la gramigna (Cynodon dactylon (L.) Pers., 1805) si fanno decotti “depurativi”. Cosa cactus significhi “depurativo” non l’hanno ancora capito medici e biologi, ma c’è un certo mercato di questo genere di prodotti. Ecco, dunque la gramigna è utile! Ma non lo era per i nostri bisnonni, che se la trovavano fra i piedi e riduceva per competizione la produttività dei campi di altre Poaceae, ad esempio grano e orzo, oppure infestava l’orto sottraendo nutrienti alle piante utili (per loro). Dunque la gramigna è diventata utile, ma un tempo non lo era. Come ha fatto a cambiare? Si è evoluta? No, semplicemente noi umani abbiamo ideato un modo per usarla.

Alcuni Hymenoptera vengono percepiti come utili.

Le api!
Se si estinguessero le api ci estingueremmo tutti. È un’affermazione perentoria, attribuita spesso a vari personaggi famosi più o meno connessi all’ambito scientifico, del tutto priva di senso e falsa.
Il punto è che le api sono considerate utili da noi umani perché riconosciamo loro almeno due funzioni importanti.

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Identità biologica

aprile 28, 2023

Nel giorno in cui si celebra “Sa die de sa Sardigna” (il Giorno della Sardegna) in ricordo della ribellione contro la dominazione piemontese sull’Isola, vi mostro un paio di specie di piante che rientrano evidentemente nella categoria che qui viene definita “sos istranzos”, ovvero gli stranieri.

Acacia saligna è una specie di origine australiana, con bellissimi gruppi di infiorescenze globose di colore giallo che ricordano quelle della mimosa ornamentale (Acacia dealbata). Questo esemplare è stato fotografato nel Sud dell’Isola, precisamente poco distante dalla celebre località balneare di Chia, dove concorre a formare una boscaglia mista in cui risulta talvolta decisamente dominante. Poco distante da questa ho trovato alcune piante di Casuarina equisetifolia, specie il cui areale di origine si trova attorno all’Oceano Indiano e parte di quello Pacifico. Vidi quest’ultima specie per la prima volta sull’isola di Reunion, in Oceano Indiano, e l’ho ritrovata qui in mezzo al Mediterraneo.

Acacia saligna, gruppo di infiorescenze e foglie

Sono due esempi di specie introdotte, che fanno evidentemente ormai parte del paesaggio sardo, ma che nulla hanno a che vedere con la flora locale. Accanto ad esse si osservano spesso impianti di Eucalyptus sp. e non mancano nella letteratura tecnica e divulgativa riferimenti alla loro funzione di piante “pioniere” e “stabilizzatrici”, spesso in riferimento alla capacità di contribuire alla stabilità delle dune costiere. Sulla necessità di usare specie alloctone a questo scopo discuteremo in un prossimo articolo.

La loro presenza ha alterato evidentemente la biodiversità locale, ma se non ne parliamo fra ecologi potremmo finire per dovere discutere sul fatto che introdurre specie aumenti la biodiversità, intesa come numero di specie diverse presenti in un dato territorio. Questa conclusione sarebbe corretta se le specie introdotte si inserissero senza prendere il posto, o senza interferire con la presenza di quelle indigene. Questo non accade mai, semplicemente perché l’introduzione di nuove specie determina una modificazione nel sistema. È come aggiungere un ingranaggio a una macchina e pretendere che funzioni come prima soltanto perché si è incastrato per bene.

Più evidente è l’alterazione di ciò che chiamo la bioidentità (o identità biologica) del territorio. Il concetto di bioidentità in letteratura viene riferito prevalentemente, se non esclusivamente, all’identità dell’individuo e al suo corredo genetico unico, mentre da ecologo la riferisco all’ecosistema. La composizione in specie della componente biotica di un ecosistema, in particolare, è una caratteristica distintiva, esattamente come per noi lo è la combinazione di caratteri morfologici (colore di capelli e occhi, forma del naso ecc) che ci permette di distinguere al primo sguardo un individuo dall’altro.

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Di Tagliamento, di macroinvertebrati e di fiumi vivi

gennaio 19, 2023

Una chiacchierata dell’idrobiologo chiacchierone

Sono stato coinvolto nella realizzazione di un podcast, realizzato da Legambiente FVG, nell’ambito di una serie che riguarda il fiume Tagliamento. Di questo fiume ho scritto diverse volte, ma in questo caso potete ascoltare cosa ho raccontato durante una intervista – chiacchierata con Elisa Baioni. Non potete ascoltare il dopo intervista che è stata un’interessantissima chiacchierata su scienza, divulgazione, epistemologia e percezione umana del “mondo”. Chi mi conosce sa cosa succede quando qualcuno mi accende. Poi tocca trovare il tasto “arresto di emergenza”.

Alvei fortemente dinamici

ottobre 6, 2022

Dove la Geologia viene in soccorso all’Ecologia e tante situazioni apparentemente “assurde” diventano comprensibili

Molti secoli or sono un filosofo greco disse “πάντα ῥεῖ”, panta rhei: tutto scorre. Senza entrare nel merito dell’attribuzione di questo aforisma a Eraclito di Efeso (mancano prove oggettive) ci accodiamo volentieri al pensiero relativo al divenire, il continuo accadere di mutamenti, che per noi ecologi dovrebbe essere più che ovvio, a maggior ragione quando di occupiamo di ecosistemi acquatici lotici, dove l’acqua scorre sul serio in continuazione.

Esiste un concetto fortemente errato nella cultura attuale degli europei occidentali e dei nordamericani: l’immutabilità delle cose. Non parlo del ristretto novero degli scienziati ma della cultura dei popoli. Ci si aspetta che nulla cambi, che tutto resti esattamente come “una volta”, al limite che cambi perché lo abbiamo deciso noi, intervenendo con azioni e opere sul territorio. Ma le cose cambiano continuamente, a piccola e grande scala e sul breve e lungo periodo.

Un alveo con forte trasporto solido di fondo, quasi del tutto inabitabile per gli organismi acquatici macroscopici

Mi occupo di macroinvertebrati bentonici dal 1995, organismi molto diffusi in tutti gli ambienti acquatici, compresi quelli lotici. Le comunità costituite da questi animali sono piuttosto ricche in termini di taxa, il loro ciclo biologico è sufficientemente lungo e la loro mobilità relativamente bassa, quindi sono stati scelti come buoni indicatori dello stato dell’ambiente. Il loro ruolo come bioindicatori è stato sancito in Italia con l’applicazione della Direttiva 2000/60/CE (Direttiva Quadro sulle Acque). Bello, per noi idrobiologi, ma questo ha creato un grosso problema!

Alcuni di voi sapranno che per classificare un corpo idrico, o meglio per definire il suo Stato ecologico, si confrontano le biocenosi osservate con quelle considerate caratteristiche, tipiche di quell’ambiente. Ovviamente le biocenosi caratteristiche devono essere individuate per ogni tipo di ambiente, perché non troveremo le stesse biocenosi in un piccolo ruscello a 2000 m di quota e in un grande fiume a 2 m di quota sul livello del mare.

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Ricominciare

agosto 20, 2022

La siccità 2022 ha colpito duramente il bacino dell’Isonzo e non basterà il ritorno dell’acqua per avere fiumi e torrenti “come prima”

Il fiume Natisone a Premariacco, 31 luglio 2022

Un inverno 2021 / 2022 povero di neve, con temperatura miti, scarse precipitazioni in generale sia sulla montagna che in pianura, ha posto le basi per una siccità spinta. Avevamo già vissuto annate di siccità e calde, ma l’estate 2022 verrà ricordata come quella in cui, per la prima volta, alcuni fiumi perenni si sono asciugati. Fra questi il Natisone nel tratto di pianura, a valle di Cividale del Friuli. Un fiume che conosco molto bene e ho percorso domenica 31 luglio 2022 per vedere coi miei occhi fino a che punto fosse stato colpito l’ecosistema acquatico. La valutazione è semplice, per un lungo tratto le acque superficiali non erano presenti. Particolarmente impressionante è vedere la forra presso Premariacco, dove per anni ho guardato lo scorrere dell’acqua tumultuoso con fondali profondi e pericolosi. Sono entrato nella forra a piedi. La foto che vedete qui sopra è ripresa dall’alveo in un punto dove non mi sono mai avventurato, perché in genere c’è un forte rischio di essere trascinati via dall’acqua e annegare nella forra a valle, dove ci sono molte marmitte e sifoni. Non avevo mai visto il fondo del fiume in questo punto, sebbene lo frequenti da circa 40 anni.

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