Callinectes sapidus, il granchio blu americano, è diventato un protagonista di questa fine estate 2023.
È arrivato alcuni anni fa in Mediterraneo, trasportato nelle acque di zavorra delle navi che attraversano l’atlantico, e si è diffuso in molti ambienti costieri. Fino al 2022 se ne parlava per lo più fra naturalisti e biologi marini, ma questa estate è diventato un protagonista delle cronache. I mezzi di informazione e disinformazione titolano continuamente “emergenza” parlandone. Vediamo perché.
Innanzitutto, chi non si occupa di biologia marina e non va a pescare in mare o laguna ha scoperto il granchio blu quando gli allevatori di molluschi hanno iniziato a lamentare forti perdite. Il comparto della molluschicoltura, che sembrava essere l’Eldorado della produzione in mare fino a qualche anno fa, ha iniziato a mostrare delle debolezze già da qualche tempo, a causa degli effetti delle estati sempre più calde, di alcuni parassiti e ovviamente della disponibilità sul mercato di prodotti provenienti da molto lontano a prezzi bassi.
Callinectes sapidus è un granchio, più o meno come quelli a cui siamo abituati noi nell’alto Adriatico. Da secoli le comunità costiere marittime e lagunari hanno a che fare con i granchi del genere Carcinus. In particolare conosciamo “da sempre” Carcinus aestuarii. La prima grossa differenza fra il granchio nostrano e quello blu è la taglia degli adulti, dove quella del granchio blu è molto più elevata rispetto a quella dell’autoctono. I più grossi individui di Callinectes sapidus possono raggiungere i 15 cm di lunghezza del carapace e 23 cm di larghezza. Un’altra interessante differenza consiste nelle buone capacità natatorie della specie americana, grazie alla forma a paletta della coppia di zampe posteriori. Le chele non sono particolarmente robuste, per capirsi non hanno l’aspetto tozzo di quelle di un Eriphia verrucosa (favollo in italiano, granzo poro qui in alto Adriatico). Tuttavia le chele del granchio blu sono perfettamente adatte a scassinare le difese dei bivalvi e permettere a questa specie di predare vongole e mitili. Ovviamente il granchio blu, esattamente come fa il nostro granzo, mangia un po’ di tutto, predando quello che capita e apprezzando pure i resti di animali morti. È insomma un opportunista, esattamente come Carcinus aestuarii, ma quest’ultimo riesce a mangiare solamente le vongole più piccole, mentre Callinectes sapidus ha maggiori capacità.
Va da sé che, dove il granchio blu trova molte risorse, prosperi. Un allevamento di molluschi è decisamente un luogo ideale per un predatore capace di aprirne le valve. Nel corso degli anni nelle nostre lagune costiere la pesca delle vongole (Ruditapes decussatus) è stata sostituita progressivamente dall’allevamento della vongola filippina (Ruditapes philippinarum), specie alloctona proveniente dall’asia, con caratteristiche competitive dal punto di vista produttivo. L’allevamento delle vongole avviene in “campo aperto”, ovvero su appezzamenti in ambiente lagunare con il tipico fondale fangoso, ma senza delimitazione fisica rispetto al resto della laguna. Un po’ come un normale campo nella pianura padana. Le vongole filippine, divenute per legge “veraci” come le nostrane, vengono seminate su queste distese fangose, adeguatamente preparate (come un campo destinato al mais) e rimangono lì fino a quando la loro taglia non sia quella commerciale, alimentandosi come ogni bravo bivalve fa: filtrando l’acqua e cibandosi del plancton.
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