Riprendo il tema della pulizia degli alvei.
La mia proposta è pianificare ed eseguire interventi mirati che riducano i rischi, ben sapendo che non possono essere annullati, senza perdere tutti quei servizi e potenzialità che un corso d’acqua ci mette a disposizione quando ha caratteristiche prossime a quelle naturali.

1. rimozione costante di tutti gli accumuli di materiale legnoso in corrispondenza di ponti e opere trasversali capaci di ritenzione. Non può essere un’eccezione, né si può fare ogni quattro – cinque o più anni a seconda della comparsa di finanziamenti una tantum. Questa opera deve essere costante, vanno trovate le risorse finanziarie, personale e mezzi per presidiare ogni opera!
2. riduzione della dimensione dei detriti legnosi negli alvei su lunghi tratti. Se un tronco del diametro di un metro alla base, con parte delle radici e una lunghezza oltre i 5 metri crea quasi certamente un problema, non lo fanno segmenti di 1 – 2 metri. La presenza di questo materiale in alveo non avviene con ingresso continuo: i grandi elementi legnosi entrano durante le piene maggiori e vengono poi trasportati anche da eventi più piccoli. Le piene che portano tronchi in alveo sono poche, una all’anno o anche meno. Fra una e l’altra c’è tempo per agire e fare a pezzi i tronchi. Per lasciarli lì dove sono! Il valore di quel legname è basso, il costo del suo trasporto fuori alveo non lo è. Se asportare integralmente gli accumuli ai ponti ha un costo sostenibile, anche considerando l’elevato rischio che determinano, non lo ha farlo con migliaia di tronchi distribuiti su centinaia di chilometri. Inoltre, se fossimo particolarmente efficienti nell’asportare legno dai fiumi, ridurremmo in modo notevole l’afflusso di materia organica nell’alto Adriatico, la cui capacità produttiva è in buona parte dovuta agli apporti terrigeni. In pratica, toglieremmo “concime” al mare e creeremmo un danno ecologico ed economico mostruoso per l’industria della pesca marittima, grazie alla quale vivono molte famiglie.
3. prevenire in modo mirato la produzione di grandi detriti legnosi. Da molti anni osservo che la presenza di grandi piante nei pressi delle rive dei piccoli torrenti montani rappresenta un fattore determinante per l’ingresso di detriti legnosi di grandi dimensioni nell’alveo dei grandi torrenti di fondovalle e dei fiumi. Dato che conosco molto bene le conseguenze negative di un taglio raso della vegetazione arborea e arbustiva nelle fasce perifluviali, e lo sono da molti punti di vista, sostengo la necessità di un taglio selettivo, entro una fascia che deve essere individuata localmente, delle piante abbastanza grandi da creare aperture in caso di crollo e trasformarsi in grandi detriti legnosi. Tagliare le piante piccole e gli arbusti non solo non dà vantaggi, ma costa e rischia di favorire processi di erosione, per limitare i quali bisogna spendere ancora di più per costruire difese spondali, la cui durata è quasi sempre breve. Molti operatori obiettano che un taglio selettivo è oneroso perché impedisce di entrare con le macchine. In realtà una gestione di questo tipo porterebbe a un risparmio sul lungo periodo e creerebbe molti posti di lavoro in zone svantaggiate come quelle montane.
Come vedete, non fare nulla sarebbe rischioso, ma fare interventi una tantum giusto per soddisfare l’opinione pubblica non servirebbe a null’altro. C’è la possibilità di intervenire, di farlo in modo costante, razionale e sicuro, senza generare costi su altri comparti. Se ci tenete alla sicurezza e ai nostri fiumi, vi consiglio di chiedere a chi vi rappresenta di andare in questa direzione. Non è difficile, basta rimboccarsi le maniche dopo avere pensato.