A volte l’ovvietà mi emoziona. Vedere la struttura di un fondovalle, mettere in evidenza le impronte lasciate da decine, centinaia forse, di eventi nel corso dei quali il torrente ha spostato enormi quantità di sedimenti. Lo so, sono laureato in Scienze Biologiche, dico di essere un biologo, mi occupo di cose vive e mollicce. Ma la Vita sulla Terra è qualcosa che si “appoggia” a questo substrato.
Parte del fondo dell’alta valle del Bût (Alpi Carniche), elaborazione da DEM 0,5m (Regione Aut. Friuli Venezia Giulia)
La disposizione di quelle barre fluviali e dei canali, dei terrazzi, la presenza dei conoidi, delle frane, sono ciò che determina la distribuzione dei viventi, questa è la componente abiotica dell’ecosistema, è la parte non viva ma dinamica degli habitat. E’ impossibile ignorare il fatto che la morfologia della superficie terrestre influenzi in modo determinante la distribuzione dei viventi, così come è impossibile ignorare che i viventi siano in grado di indirizzare la morfologia superficiale. Nel caso degli alvei questo è molto evidente. Forse non sono un “biologo” in senso stretto, il termine corretto è “ecologo“. Per questo motivo studio la geomorfologia da tre decenni. Per fortuna anche i ricercatori veri stanno seguendo questa via da anni e vedremo belle cose in futuro, ne sono certo.
Esplorando i corsi d’acqua della Bassa Pianura friulana, si percorrono quasi solamente canali dall’andamento rettilineo, evidente prodotto dell’azione umana. Esistono però ancora i resti, spesso frammentati, dei fiumi naturali che drenavano un tempo questa porzione della pianura.
Residuo di meandro della Roggia Corgnolizza
Gran parte degli indizi relativi alla presenza, distribuzione e morfologia degli alvei dei fiumi scomparsi non sono facilmente riconoscibili.
Qui sopra potete vedere una parte del corso attuale (artificiale) della Roggia Corgnolizza, mentre la prima immagine dell’articolo ritrae un frammento di meandro naturale, ormai escluso dal flusso principale, ma rimasto intatto in mezzo a un piccolo bosco gestito a ceduo.
Le azioni di rettifica e drenaggio, attuate nel corso di alcuni secoli, unite alla riduzione progressiva della campagna a siepe e radura (cjarande in lingua friulana), rende difficile la lettura del territorio. Un aiuto importante viene però dalla disponibilità del modello digitale del terreno, in particolare quello con celle di 1m di lato.
Elaborazione del modello digitale del terreno (dati Regione FVG), si osserva il tracciato artificiale rettilineo della Roggia Corgnolizza e la sede originaria dell’alveo meandreggiante.
Nonostante l’alterazione prodotta dal drenaggio, rimangono ben riconoscibili le sedi originarie degli alvei di molti piccoli corsi d’acqua, che solcavano quest’area ancora in epoca storica, dunque molto più tardi della fine dell’ultimo episodio glaciale. Esaminando il profilo del terreno lungo una linea che tagli la pianura approssimativamente da Est a Ovest (segmento rosso) si osservano i solchi creati per il drenaggio dell’area durante le bonifiche, ma risultano ancora evidenti due elementi morfologici preesistenti.
Si nota innanzitutto la sede dell’alveo, che rappresenta una zona a quota nettamente più bassa rispetto a quella del terreno ai suoi lati. Al margine del solco dove scorreva naturalmente il fiume e dove si trova gran parte del tracciato artificiale, la quota del terreno cresce rapidamente, per poi digradare dolcemente. Questo permette ancora oggi di riconoscere un modesto dosso fluviale. Trattandosi di un corso d’acqua di risorgiva, il trasporto di sedimenti grossolani è scarso, quindi il dosso fluviale è meno alto rispetto a quello generato da un fiume di origine montana. I minimi di quota che vedete ai lati dell’alveo sono in gran parte canali creati per il drenaggio delle zone palustri che si trovavano negli avvallamenti fra i dossi fluviali.