Posts Tagged ‘Rischio’

La statistica “un tanto al chilo”

aprile 17, 2023

I dati gestiti in modo assolutamente non oggettivo portano a una visione distorta della realtà

Lo scopo della statistica descrittiva è nel suo nome: descrivere i fenomeni. Ad esempio potremmo contare il numero di alberi di ciliegio che abbiano almeno 20 fiori sbocciati ogni giorno e otterremo una tabellina che descrive la stagione di fioritura dell’anno in corso. Se andate sul sito web dell’ARPA FVG potreste fare un bell’esperimento con i dati di monitoraggio dei pollini, utilissimo per chi soffre di allergie (e fra essi mi annovero, ahimè).

Spesso i fenomeni vengono descritti da chi non usa la statistica, o meglio non usa la statistica che utilizziamo noi professionisti del campo scientifico. È piuttosto comune sentire dire che “quest’anno c’è più Xxx” con sicurezza, da chi è uscito di casa una sola volta e per caso ha visto più Xxx dell’anno precedente. Questo tipo di statistica non serve a niente, non ci aiuta a fare scelte, perché non descrive la realtà.

Attenzione: non è irrilevante l’opinione espressa da chi fa statistica un po’ come viene, perché l’opinione pubblica è importantissima, dato che influenza le scelte della maggior parte delle persone e, per forza, quelle di chi amministra o governa. Quindi sarebbe molto stupido ignorare le affermazioni prive di validità statistica solo perché sarebbero da cestinare in ambito scientifico.

In questi giorni molte persone usano statistiche più o meno farlocche per discutere riguardo al rischio derivante dalla presenza di orsi, in conseguenza della morte di un giovane in Trentino, ucciso da un orso. Si dividono diversi partiti, ma chi sta dalla parte dell’orso, o contro di esso, a volte usa statistiche buttate lì a casaccio, che possono magari convincere chi non è abituato ad elaborare dati, ma non incantano noi professionisti del campo.

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Gestire i detriti legnosi

agosto 18, 2022

Riprendo il tema della pulizia degli alvei.

La mia proposta è pianificare ed eseguire interventi mirati che riducano i rischi, ben sapendo che non possono essere annullati, senza perdere tutti quei servizi e potenzialità che un corso d’acqua ci mette a disposizione quando ha caratteristiche prossime a quelle naturali.

Detriti legnosi nell’alveo di un torrente alpino di fondovalle

1. rimozione costante di tutti gli accumuli di materiale legnoso in corrispondenza di ponti e opere trasversali capaci di ritenzione. Non può essere un’eccezione, né si può fare ogni quattro – cinque o più anni a seconda della comparsa di finanziamenti una tantum. Questa opera deve essere costante, vanno trovate le risorse finanziarie, personale e mezzi per presidiare ogni opera!

2. riduzione della dimensione dei detriti legnosi negli alvei su lunghi tratti. Se un tronco del diametro di un metro alla base, con parte delle radici e una lunghezza oltre i 5 metri crea quasi certamente un problema, non lo fanno segmenti di 1 – 2 metri. La presenza di questo materiale in alveo non avviene con ingresso continuo: i grandi elementi legnosi entrano durante le piene maggiori e vengono poi trasportati anche da eventi più piccoli. Le piene che portano tronchi in alveo sono poche, una all’anno o anche meno. Fra una e l’altra c’è tempo per agire e fare a pezzi i tronchi. Per lasciarli lì dove sono! Il valore di quel legname è basso, il costo del suo trasporto fuori alveo non lo è. Se asportare integralmente gli accumuli ai ponti ha un costo sostenibile, anche considerando l’elevato rischio che determinano, non lo ha farlo con migliaia di tronchi distribuiti su centinaia di chilometri. Inoltre, se fossimo particolarmente efficienti nell’asportare legno dai fiumi, ridurremmo in modo notevole l’afflusso di materia organica nell’alto Adriatico, la cui capacità produttiva è in buona parte dovuta agli apporti terrigeni. In pratica, toglieremmo “concime” al mare e creeremmo un danno ecologico ed economico mostruoso per l’industria della pesca marittima, grazie alla quale vivono molte famiglie.

3. prevenire in modo mirato la produzione di grandi detriti legnosi. Da molti anni osservo che la presenza di grandi piante nei pressi delle rive dei piccoli torrenti montani rappresenta un fattore determinante per l’ingresso di detriti legnosi di grandi dimensioni nell’alveo dei grandi torrenti di fondovalle e dei fiumi. Dato che conosco molto bene le conseguenze negative di un taglio raso della vegetazione arborea e arbustiva nelle fasce perifluviali, e lo sono da molti punti di vista, sostengo la necessità di un taglio selettivo, entro una fascia che deve essere individuata localmente, delle piante abbastanza grandi da creare aperture in caso di crollo e trasformarsi in grandi detriti legnosi. Tagliare le piante piccole e gli arbusti non solo non dà vantaggi, ma costa e rischia di favorire processi di erosione, per limitare i quali bisogna spendere ancora di più per costruire difese spondali, la cui durata è quasi sempre breve. Molti operatori obiettano che un taglio selettivo è oneroso perché impedisce di entrare con le macchine. In realtà una gestione di questo tipo porterebbe a un risparmio sul lungo periodo e creerebbe molti posti di lavoro in zone svantaggiate come quelle montane.

Come vedete, non fare nulla sarebbe rischioso, ma fare interventi una tantum giusto per soddisfare l’opinione pubblica non servirebbe a null’altro. C’è la possibilità di intervenire, di farlo in modo costante, razionale e sicuro, senza generare costi su altri comparti. Se ci tenete alla sicurezza e ai nostri fiumi, vi consiglio di chiedere a chi vi rappresenta di andare in questa direzione. Non è difficile, basta rimboccarsi le maniche dopo avere pensato.

Rischio

marzo 16, 2021

In questi giorni gli organi di disinformazione di massa stanno martellando con i casi di morti avvenute dopo la somministrazione del vaccino anti CoViD-19 della Astra Zeneca. Da abili conquistatori di audience e like omettono alcuni particolari, che d’altro canto nessuno richiede. Questo perché pochissimi fra noi hanno ricevuto un’istruzione in materia.

Ho letto un’affermazione alquanto scorretta, attribuita a personale dell’Agenzia Italiana del Farmaco: il rischio non c’è. Nessuna persona minimamente competente può affermare una cosa del genere. Comprendo che serva a risolvere il problema della paura. Ma la paura si sconfigge con la conoscenza, non con affermazioni buttate lì.

Il rischio è funzione della probabilità che un evento sfavorevole si verifichi e della “grandezza” delle conseguenze dell’evento. Perché il rischio sia pari a zero, bisogna che la probabilità che si verifichi un evento sfavorevole sia zero. Questo non è mai vero.

Qualunque miscela di sostanze venga introdotta nel corpo umano, attraverso l’alimentazione, la respirazione, una pillola, un’iniezione, una supposta, anche solo assorbimento cutaneo, genera degli effetti. Alcuni sono molto probabili, altri poco. Ad esempio, se introduco del saccarosio (zucchero bianco comune) è molto probabile che venga scisso in fruttosio e glucosio, quindi ossidato e mi fornisca energia. Sono pronto a scommettere che su sette miliardi di umani viventi ce n’è qualcuno che non è capace di scindere il saccarosio nelle due unità saccaridiche di base. E’ solo poco probabile, non impossibile.

Se vostro figlio mangiasse una nocciola, probabilmente non succederebbe nulla di strano. Eppure c’è una probabilità, bassa ma non nulla, che sia allergico alle nocciole e manifesti una violenta reazione allergica. Senza un intervento adeguato potrebbe persino morire. Il punto è che voi non sapete se vostro figlio sia allergico alle nocciole, quindi gli permettete di mangiare una famosa crema italiana a base di gianduia, senza vivere nel terrore che si gonfino a dismisura le mucose e lui muoia soffocato.

Resta un fatto, riportato da più fonti: la frequenza di morti improvvise è uguale fra coloro che hanno ricevuto il vaccino e coloro che non lo hanno ricevuto. Quindi, per quanto sappiamo oggi, il rischio di morire per qualunque motivo dopo essersi vaccinati non è maggiore rispetto a quello precedente, salvo che la probabilità di morire causa CoViD si riduce tantissimo.

Flussi

aprile 7, 2020

Le condizioni per una rapida diffusione del virus SARS-CoV-2 sono state create durante gli ultimi decenni, in modo inconsapevole ma con accuratezza. Come è possibile, infatti, che un virus la cui presenza viene rilevata per la prima volta a fine dicembre del 2019 raggiunga l’Italia in poche settimane, generando un focolaio epidemico come quello che abbiamo osservato in Lombardia?

Lo so, girano tante voci sui complotti, il fatto che la malattia non sia provocata dal virus ma da radiazioni elettromagnetiche, untori che girano il mondo, potenze straniere maldestre che lanciano virus devastanti.

La realtà è deludente invece, più semplice, meno affascinante, ordinaria e terrificante. Vi invito a visitare due siti web: FlightRadar24 e MarineTraffic. Cliccate e andate a guardare le mappe. Questa sotto è una mappa copiata da FlightRadar24 nel pomeriggio del 7 aprile 2020, in piena pandemia, con traffico aereo ridotto.

Traffico aereo mappato sul sito FlightRadar24 il 7 aprile 2020.

Ciò che vedete è una mappa che rappresenta la posizione sul pianeta di un grande numero di veicoli, (more…)