I dati gestiti in modo assolutamente non oggettivo portano a una visione distorta della realtà

Lo scopo della statistica descrittiva è nel suo nome: descrivere i fenomeni. Ad esempio potremmo contare il numero di alberi di ciliegio che abbiano almeno 20 fiori sbocciati ogni giorno e otterremo una tabellina che descrive la stagione di fioritura dell’anno in corso. Se andate sul sito web dell’ARPA FVG potreste fare un bell’esperimento con i dati di monitoraggio dei pollini, utilissimo per chi soffre di allergie (e fra essi mi annovero, ahimè).
Spesso i fenomeni vengono descritti da chi non usa la statistica, o meglio non usa la statistica che utilizziamo noi professionisti del campo scientifico. È piuttosto comune sentire dire che “quest’anno c’è più Xxx” con sicurezza, da chi è uscito di casa una sola volta e per caso ha visto più Xxx dell’anno precedente. Questo tipo di statistica non serve a niente, non ci aiuta a fare scelte, perché non descrive la realtà.
Attenzione: non è irrilevante l’opinione espressa da chi fa statistica un po’ come viene, perché l’opinione pubblica è importantissima, dato che influenza le scelte della maggior parte delle persone e, per forza, quelle di chi amministra o governa. Quindi sarebbe molto stupido ignorare le affermazioni prive di validità statistica solo perché sarebbero da cestinare in ambito scientifico.
In questi giorni molte persone usano statistiche più o meno farlocche per discutere riguardo al rischio derivante dalla presenza di orsi, in conseguenza della morte di un giovane in Trentino, ucciso da un orso. Si dividono diversi partiti, ma chi sta dalla parte dell’orso, o contro di esso, a volte usa statistiche buttate lì a casaccio, che possono magari convincere chi non è abituato ad elaborare dati, ma non incantano noi professionisti del campo.
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